
Anche la mafia cinese ha i suoi padrini. Uomini d’onore che per fama, potere e crudeltà nulla hanno da invidiare a Totò Riina e Bernardo Provenzano. Anzi. Seduti ai vertici di organizzazioni criminali che attraversano gli oceani, i boss delle Triadi possono vantare legami preferenziali con la politica e i servizi segreti, nonché contare su sterminate folle di fedelissimi seguaci. Non si spiegherebbe altrimenti come mai circa tremila persone il 7 novembre del 2007 sono accorse a Taipei per rendere l’ultimo omaggio a Chen Chi-Li, numero uno della Bamboo United, la setta mafiosa più potente di Taiwan.
Così come al funerale del mafioso italo-americano John Gotti le strade di New York s’affollarano per il baciamano del trapasso, allo stesso modo la capitale della Repubblica cinese s’è riempita di devoti ammiratori di colui il quale in vita era riverito come “Re Anatra”. Un appellativo che non deve intenerire: Chen Chi-Li non solo è stato il capo di una delle più potenti Triadi internazionali per quasi quarant’anni, ma è stato additato come l’indizio più evidente del connubio tra la mafia asiatica e il Kuomintang, il partito nazionalista che governa in maniera dittatoriale Taiwan.

Re Anatra è un signore di successo ma sarebbe rimasto soltanto un temibile e rispettato uomo d’onore d'Oriente se non si fosse occupato di Henry Liu. Chi è Liu? È un giornalista e scrittore cinese con cittadinanza americana che ha pubblicato una biografia critica sul conto di Chiang Ching-Kuo, il presidente di Taiwan. Il 14 agosto 1984 il reporter viene trovato morto ammazzato nella sua casa in California e Chen Chi-Li presto finisce nell’elenco dei sospettati. Il gangster confermerà durante il processo il suo coinvolgimento nell’omicidio, spiegando che proprio il governo di Taipei gli avrebbe offerto 20.000 dollari per far fuori Henry Liu ma che lui avrebbe rifiutato per il suo amor patrio. Uccidere il giornalista dissidente, infatti, sarebbe stata una ricompensa gratificante per mettere a tacere una spia.
Re Anatra racconta che Henry Liu era un agente al soldo di Pechino, ovvero della Cina Popolare che da sempre tenta di ostacolare l’indipendenza taiwanese. Il boss aggiunge che un vice-ammiraglio e il capo della marina di Taiwan gli avevano chiesto di assassinare Herny Liu in quanto non più affidabile: il giornalista sarebbe stato un loro agente che faceva il doppio gioco per conto dei comunisti cinesi.
Difficile dire quanto siano veritiere le parole del padrino della Bamboo United. Quel che è certo è che Chen Chi-Li viene condannato e rimesso in libertà dopo pochi anni. In patria viene osannato come un eroe nazionale ma dopo un po’ decide di andare a vivere in Cambogia, dove abita in una villa di quasi tremila metri quadrati con un giardino in cui sono parcheggiati alcuni cannoni che dice di tenere per difesa personale.

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