mercoledì 1 aprile 2009

Lucciole di Spagna

Mangiano e dormono nello stesso appartamento dove sono costrette a prostituirsi, così sono disponibili ventiquattro ore su ventiquattro per i clienti. Massima flessibilità e dedizione al lavoro. I ritmi sono quelli da schiavitù alla quale ci ha abituato la mafia d’Oriente. E così nei circa sessanta casini gestiti dai boss della chinatown di Barcellona, si applicano anche tariffe differenziate: se la ragazza dagli occhi a mandorla finisce tra le mani di uno spagnolo si pagano cinquanta euro; al connazionale, invece, si fa lo sconto.

La polizia catalana calcola che sono circa trecento le donne cinesi sfruttate a Barcellona. E secondo il quotidiano El Periodico, i locali a luci rosse gestiti dalla mala asiatica sono concentrati soprattutto nel quartiere dell’Eixample, per non parlare dei “centri massaggi” spesso inclini a prestazioni supplementari e alle case d’appuntamento riservate agli immigrati cinesi.

Un sistema difficile da smantellare perché le persone che mettono gli annunci per i clienti, quelle che affittano i locali e le “madame” che mandano avanti i bordelli non sono mai le stesse persone. Ma quello che inquieta di più gli investigatori è che dietro alla prostituzione c’è un’organizzazione ben strutturata. Che, ovviamente, non si limita al giro di squillo.

Le forze dell’ordine hanno individuato tre grandi famiglie che operano anche nel campo delle estorsioni, della contraffazione e dell’usura. Ma, soprattutto, nel traffico di essere umani. Migliaia di euro pagati ai clan per arrivare in Spagna e poi, una volta giunti a destinazione, trovare un lavoro. Una rete illegale che spesso nasconde scenari da riduzione in schiavitù che in qualche caso ha coinvolto anche cittadini spagnoli. Come nel caso di un imprenditore di Girona che ha impiegato uomini e donne cinesi nella sua azienda per più di due mesi. La paga? Quaranta euro per dodici ore di lavoro al giorno.

venerdì 27 marzo 2009

Sarpi rosso sangue

Torna a scorrere sangue cinese per le vie di Milano. A un mese dall'agguato a colpi di mannaia nella discoteca Parenthesis, sono tornate a sibilare le lame. Davanti alla trattoria "Long Chang", nel cuore della chinatown più grande d'Italia, il corpo di un uomo di 34 anni. Sul marciapiede di via Paolo Sarpi, il cadavere con la gola squarciata da una coltellata. Poco lontano una scarpa da donna. Un dettaglio che, secondo, gli investigatori potrebbe ricondurre l'omicidio a una questione d'onore per motivi passionali.

Poco prima, secondo alcune testimonianze, un cinese era entrato nel ristorante aggredendo due connazionali. Uno - come detto - è morto; l'altro è stato ferito in maniera grave. Quest'ultimo sarebbe l'ex fidanzato di una delle due donne che si trovavano a tavola con le vittime.

Difficile comunque dire se ci troviamo di fronte a una cavelleria rusticana cinese o all'ultima puntata della guerra fra gang. O, ancora, se si tratta di una regolamento di conti, magari per un debito non saldato o una tangente non versata. E' certo, comunque, che se questo delitto è da ricollegare a un eccesso di gelosia, qualcosa si è rotto a chinatown.

Dissidi di questo tipo, in genere, vengono risolti attraverso la mediazione e la trattativa. Una donna che mette l'uno contro l'altro due cinesi spesso può essere una questione da risolvere con una semplice somma di denaro. Turbare la quiete della comunità asiatica con il sangue è una soluzione estrema che solo un boss può autorizzare.
Guarda il video di C6TV