mercoledì 13 gennaio 2010

I Boss di Chinatown a Rai Radio 3

È un mondo chiuso, quello di Chinatown. Quartieri che una volta erano come tutti gli altri e che a poco a poco hanno cambiato faccia. I negozi sono passati di mano, e adesso sfoggiano vetrine costellate di ideogrammi. I proprietari e i dipendenti sono tutti cinesi. La comunità è molto unita. L'obiettivo è la piena autosufficienza. In qualsiasi ambito: dalle merci ai servizi, dalle cure mediche ai divertimenti. Quello che è legale si fa alla luce del sole. Quello che non lo è, si fa di nascosto. E nemmeno poi troppo: nella Chinatown milanese di via Paolo Sarpi, la più famosa d'Italia, era spuntata addirittura una banca clandestina. Niente insegne, ma locali aperti sulla strada e una fitta clientela, prima che la polizia la chiudesse. Chinatown è un pezzetto di Cina trapiantato altrove. Una realtà per certi versi affascinante e per altri inquietante. Una realtà che continua a crescere e che ci invita - o ci sfida - a capirla.

"Rosso Scarlatto", il programma di approfondimento di Radio 3, ospita i "Boss di Chinatown - La Mafia Cinese in Italia". .
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lunedì 28 dicembre 2009

Ma che Gioia quel commercio

'Ndranghetisti e cinesi insieme. Per fare che? Affari. Sporchi. Con la droga? Macché, troppo pericoloso. Meglio contrabbandare qualcosa che non bisogna sempre nascondere e che passa sotto gli occhi senza destare sospetti. Cosa? Scarpe, vestiti, profumi. Taroccati. Roba da ragazzini? No, da professionisti. Come quelli (27) che i carabinieri di Reggio Calabria hanno beccato a trafficare nel porto di Gioia Tauro. Qui l'alleanza fra le famiglie Molé, Piromalli e cinesi fruttava molto molto denaro. Che poi veniva ripulito acquistando immobili nel Lazio. E infatti a Roma sono stati sequestrati 50 milioni di euro: una parte dei proventi ottenuti con il traffico di container pieni di merce contraffatta arrivata dall'estremo Oriente in Calabria.

Al porto di Gioia Tauro, grazie all'aiuto di due funzionari delle dogane, i container "sorvolavano" i controlli e invadevano la penisola. A fare da intermediari tra la cosca e gli spedizionieri in oriente, ci sarebbe stata una coppia di cinesi, Wanli Lyn e Rong Rong Dai, che dal loro negozio di oggettistica di piazza Vittorio a Roma organizzavano le spedizioni e già stavano pensando di spostare da Napoli a Gioia Tauro tutto il loro giro d'affari.

In Italia, l'organizzazione del traffico, secondo l'accusa, era affidata a Cosimo Virgiglio, amministratore di una società di import-export e considerato il principale referente imprenditoriale della cosca dei Molé. Era lui a favorire l'importazione fraudolenta, eludendo il sistema di controllo automatico dell'Agenzia delle dogane e, con il meccanismo della sottofatturazione, ad evadere quote rilevanti di dazi e Iva.

Virgiglio è stato arrestato dai carabinieri del Ros mentre si trovava a ''Villa Vecchia'', un lussuoso complesso alberghiero con due avviati ristoranti a Monte Porzio Catone, a una trentina di chilometri da Roma, nel quale sarebbero finiti parte dei proventi del traffico di merce contraffatta. L'albergo è stato sequestrato insieme ai capitali di tre società riconducibili a Virgiglio. Il complesso alberghiero era stato acquisito dalle cosche con ripetute intimidazioni nei confronti dei precedenti gestori e del proprietario, costretti a cedere l'attivita' per compensare i debiti maturati con il gruppo criminale.

giovedì 29 ottobre 2009

Schiave cinesi d'Africa

E' dedicato alla tratta delle giovani cinesi in Ghana, Nigeria e Togo il secondo premio del Gran Premio Natali 2009 - Regione Africa. Se l'è aggiudicato Anas Aremeyaw per il reportage "Undercover Inside The Chinese Sex Mafia", pubblicato su The New Crusading Guide. Nella sua inchiesta, la reporter racconta le violazioni dei diritti umani perpetrate dalla mafia cinese in Africa occidentale. La giornalista, dopo essersi infiltrata nell'organizzazione criminale fingendosi una barista per più di sei mesi, ha messo a nudo un impero gestito da faccendieri senza scrupoli. Che vendono ragazzine cinesi per 6000 dollari, promettendo loro lavori onesti per poi "trasformarle in merce da esporre come carne nelle vetrine delle macellerie". Il tutto, seguendo le mosse di King James, il boss che veste Gucci, indossa Rolex d'oro massiccio e pasteggia con bicchieri di Champagne che le sue schiave non osano lasciare mai vuoti.

Leggi l'intero reportage in Inglese o in Francese